PELLONI GIUSEPPE 1974 - Pietro Giambelluca scultore - PIGIA

Vai ai contenuti

Menu principale:

PELLONI GIUSEPPE 1974

RECENSIONI

"DISMISURA"
"RIVISTA D'ARTE PERIODICA" anno III
"Dedicato a Pietro Giambelluca"
di GIUSEPPE PELLONI;
Frosinone gennaio-aprile 1974


Dalle notti stellate, lunghissime, nel lontano feudo di Cammisini, là dove le Madonie inneggiano al cielo, alle veglie marine e lucenti della tua Sicilia; dai sogni incantati e profani di una infanzia virile, all’approdo sereno nel verde forte ed onesto della Ciociaria.
Un viaggio arduo e faticoso, una conquista sofferta, un perpetuo vagare tra le ombre assurde ed irraggiungibili dei grandi artisti, senza indugi, a volte senza rispetto, come in un moto libero e spontaneo, dall’armonia dei cavalli selvaggi, contorti, sofferti nel bronzo dei tuoi giorni, alle donne immobili, senza respiro, finalmente domate, senza nulla di angelico, senza sogni, senz’anima come il dormire delle rose.
Le tue mani vigorose di uomo della terra tutto hanno toccato, forgiato, percosso, violentato, amato.
Hai dato vita e bellezza all’inerte materia: “Ella era la bellezza per centinaia di pomeriggi, l’incarnazione della bellezza in milioni di vite, ambiziose o al tramonto”.
Sei riuscito a sconfinare nella purezza dell’espressione: “Il corpo è vigoroso, atletico; la testa, una fulgida composizione di curve, di ombre, di vivide tinte, con quel finale balzo cinetico, l’elemento che in definitiva è sessuale, infatti, e che induce gli altri a …”.
Hai offerto a me la possibilità, cosa rara, di penetrare il tuo mondo di uomo e di artista. Uomo ed artista unitamente compositi e musicalmente accordati che, i tuoi voli di rondini, infiniti e rotanti, sono il segno tangibile della libera volontà delle creature viventi.
E i tuoi cavalli bradi, e le tue bufale affrante, e le tue statiche maternità, di una ieracità così sensuale e mediterranea, che di Madonne Sante hanno, forse, solo il profumo della terra e del seme dell’uomo; e gli amplessi ferini di adolescenti amazzoni, stremate nel piacere, mi strappano in gola un urlo di vita.
In queste tue creature si libera l’energia primigenia dell’Eros (istinto di vita) non più contrapposta a Thanatos (istinto di morte) ma ad esso correlata in un nesso atemporale, svincolata cioè dalla legge della necessità.
Nella tua opera è la vita che fluisce in ritmo, in canto, in gioco, in armonia e libertà dal bisogno e dalla fatica del lavoro e della competizione: si risolvono le dicotomie soggetto-oggetto, uomo-natura, libertà-necessità; si autosublima la sessualità nella scomparsa della ragione come dominatrice del mondo fenomenologico per l’esaltazione della sensività come strumento di conoscenza e di comunicazione, di scambio e conciliazione.
I contenuti della tua arte confermano la sacralità dei gesti e dei gusti dell’uomo. L’amore e la sacralità appartengono all’esistenza e, come tali, coinvolgono il mondo animale e l’ambiente naturale.
Da tutto ciò che fai si ha la sensazione netta, già al livello tecnico, di una concezione del mondo, orfica appunto e narcisistica, dove i valori sono costituiti dall’armonia e dal piacere universali.
Nelle tue creazioni la sessualità non necessita di attributi anatomici, poiché è di per sé creatrice e rivoluzionaria, tanto da restituire all’uomo la felicità di una società non repressiva e guidata dall’Eros ritrovato. E, poi, tutto diventa melodia: rondini, sudore, cavalli, sesso, Madonne, amplessi, cieli…

                             GIUSEPPE PELLONI


Torna ai contenuti | Torna al menu