PEPE MARIO 1967 - Pietro Giambelluca scultore - PIGIA

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PEPE MARIO 1967

RECENSIONI

“MOSTRA PERSONALE DI SCULTURA E RAMI SBALZATI”
Catalogo delle opere
"La Bibliotechina, Rassegna di cultura e vita scolastica"
di MARIO PEPE
Roma 1967


Non è difficile individuare le diverse componenti culturali presenti nell’opera scultorea di Pietro Giambelluca, le sue preferenze, i modelli ai quali con più viva attenzione egli ha guardato: innanzitutto la scultura di Marino Marini; poi i modi di Fazzini e ancor più quelli di Emilio Greco; si aggiungano certe meditazioni sulla ritrattistica etrusco-romana, la simpatia non celata per i trecentisti senesi, una naturale compiacenza per la sfarzosità del gusto barocco. Tali individuazioni e riconoscimenti, se pur necessari, ben poco tuttavia possono servire per penetrare nel significato della sua arte; il tentativo è anzi reso più arduo per l’affiorare di certa contraddittorietà di riferimenti.
Qualcosa, piuttosto, potrà dirci l’origine siciliana dell’artista, con l’attenzione viva che egli, pur lontano dalla sua terra, ha sempre conservato per i costumi e le tradizioni locali, per le feste religiose, solenni e cariche di mistero: sì che la contraddittorietà di riferimenti, cui si accennava, può anche spiegarsi con la varietà delle stratificazioni culturali reperibili ed operanti nella civiltà siciliana. Ma a meglio intendere l’arte di Giambelluca, occorrerà precisare che egli ha una natura portata istintivamente, direi forzata, ad esprimersi mediante la forma plasmata, al di là di ogni riferimento culturale o ambientale; e l’oscillare degli umori tra un meditativo ripiegarsi entro se stesso e un bisogno di comunicare, in appassionato rapporto con la realtà circostante, ha poi contribuito a generare nella sua produzione una varietà di modi e di temi.
Così in una serie di terracotte e di bronzi, con motivi di animali e con il tema della “maternità”, si rivela una essenzialità arcaicizzante della forma, che talvolta nelle “Maternità” - come nell’esemplare riprodotto - si raddolcisce per il ritmico e avvolgente fluire della linea. Nei rami sbalzati - ove spesso è trattato il tema della “Crocifissione” - il discorso diviene più concitato: i piani si infrangono per l’azione della luce, il contorno si fa aspro e gualcito. Ma la natura e l’arte di Giambelluca sono, come si diceva, sorrette da una complessità di atteggiamenti: si vedano il “Trofeo della Lotteria di Capodanno (1963), con il gioioso motivo del volo di rondini, e ancora qualcuna delle più recenti composizioni di soggetto religioso: in queste ultime, ove non è nulla di una religiosità convenzionale, si scopre piuttosto come l’artista sia pronto a cogliere le possibilità di partecipare ad un fatto o di collocare gli eventi entro una cornice naturale; e si ricordano, tra le cose più belle, le scene con “episodi della vita di San Sisto” (collezione privata in Alatri, 1963), la “Via Crucis” e il “Cristo tra Angeli” nella chiesa del Cristo re a Frosinone (1965).
E proprio queste ultime opere bene ci dichiarano la natura schietta, partecipe, profondamente umana di Pietro Giambelluca, sempre impegnato, senza cedimenti, all’affermazione di una personalissima visione della realtà.
                
                                  MARIO PEPE
     

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